I Blue Angels del Campionato del Mondo AIDA in Corsica: intervista a Francesco Corucci
Si è appena concluso il 33° Campionato del Mondo AIDA, tenutosi quest’anno ad Ajaccio (Corsica) ed organizzato dal club Cormorant Freediving capitanato dagli atleti Abdelatif Alouach e Chantal Marzin. Una gara condizionata da condizioni meteo a tratti complesse, poco in linea con quelle che si trovano normalmente in quest’area. Grazie ad uno sforzo organizzativo importante, è stato comunque possibile completare tutti i tuffi previsti, che hanno portato a svariati record nazionali, continentali e del mondo.
Abbiamo avuto la possibilità di parlare con uno dei responsabili della sicurezza, Francesco Corucci (Safety Team Leader in questo mondiale), che ci ha dato alcune informazioni su come è stato organizzato questo aspetto cruciale.
Organizzazione della sicurezza
Chi è il “Safety”?
Apneapassion: «Prima di tutto, Francesco, quali caratteristiche bisognava avere per essere un Safety in questo Campionato del Mondo?».
Francesco Corucci: “Il team di sicurezza di quest’anno era composto da 15 membri, scelti attraverso un processo di selezione gestito da AIDA International che ha visto la partecipazione di oltre 70 candidati provenienti da ogni angolo del mondo. I membri del team sono stati scelti in base alla loro solidità apneistica, al loro livello di formazione in materia di primo soccorso e di protocolli di sicurezza specifici per l’apnea profonda, oltre che alla loro precedente esperienza agonistica.
Inoltre, molto importanti sono la capacità di mantenere il sangue freddo sotto stress, la capacità di lavorare in squadra e la resilienza: il team di sicurezza, infatti, va in acqua ogni giorno per due settimane, con sessioni che possono durare fino a 6 ore. 20-30 immersioni al giorno – tra i 20 e i 40 metri, per ogni membro del team – in cui non puoi permetterti di girare in anticipo o di perdere una compensazione. A questa routine, già di per sé molto impegnativa, devi aggiungere la complessità, lo stress e lo sforzo di riportare gli atleti in superficie e di rianimarli in caso di ipossia in profondità. Tutto questo richiede una solidità fisica e mentale davvero notevole”.
AP: «Sembra davvero impegnativo dal punto di vista fisico. Come ci riuscite?»
FC: «Indubbiamente non è facile sostenere questi ritmi: gli infortuni sono molto frequenti. Bisogna essere allenati e avere un’ottima solidità apneistica. Molto importante è anche la capacità di sapersi gestire e prendersi cura di sé, anche perché un infortunio finisce inevitabilmente per sovraccaricare il resto del team.».
Cosa fa il Safety?
AP: «Descrivici un’operazione di salvataggio in profondità»
FC: “Immagina di fare un’immersione tra i 30 e i 40 metri. Una volta raggiunta la profondità operativa, cerchi di individuare l’atleta che riemerge dalle profondità, senza successo. Alla fine lo vedi, in lontananza, avvicinarsi lentamente. Aspetti circa trenta secondi, pinneggiando sul posto. Finalmente ti raggiunge e lo accompagni in superficie. È in difficoltà e finisce per perdere conoscenza. Lo afferri prontamente e lo riporti in superficie; non appena riemergi, praticamente senza esserti ripreso dall’immersione, devi essere abbastanza freddo e lucido da iniziare subito le necessarie manovre di rianimazione.
Questo scenario, fortunatamente, non accade spesso, ma potrebbe verificarsi in ognuna delle 20-30 immersioni di assistenza giornaliere, per tutta la durata della gara. In tutto questo, vale la pena notare che mentre l’atleta è assicurato alla sagola e può, nel peggiore dei casi, essere riportato in superficie attivando un sistema di contrappeso, è piuttosto difficile prevedere un sistema di sicurezza per le stesse sicurezze, se non quello di tenersi d’occhio a vicenda mentre si occupano dell’atleta in difficoltà. In pratica, al momento, un problema in profondità per una delle sicure avrebbe quasi certamente conseguenze disastrose”.
Logistica in acqua
AP: «Nello specifico in questo mondiale come si sono organizzati i Safeties per la loro attività?».
FC: «Il team di quest’anno si è composto di 8 membri senior (safety divers esperti e con alle spalle svariate competizioni di rilievo), 4 junior (con esperienze in competizioni minori) e 3 forniti dall’organizzatore locale. Dividendosi in due sotto-team, ognuno capitanato da un Safety Team Leader, i membri senior presidiano i due campi gara principali, mentre i profili più junior si occupano principalmente dei cavi di riscaldamento e di altre mansioni al contorno (supervisionare gli atleti nel loro warm-up, scortarli verso la zona dove eseguiranno la loro prestazione, supervisionarli durante l’eventuale successiva decompressione), venendo esposti gradualmente ai tuffi più impegnativi.
Durante ciascuna prestazione ci sono sempre almeno tre safeties a sorvegliare l’atleta: un safety superficiale ed almeno due safeties profondi (-20m e -30m), a cui se ne aggiunge un terzo (dotato di scooter subacqueo, e operativo ai -40m) nel caso di tuffi particolarmente profondi o rischioso. Quando possibile viene aggiunto un ulteriore membro in superficie, che funziona da jolly nel caso in cui uno dei compagni riscontri qualche problema. Ciascun team implementa una rotazione dei membri tra queste posizioni secondo uno schema piramidale, che ha lo scopo di offrire ridondanza e di ottimizzare risorse fisiche e mentali nelle lunghe ed impegnative sessioni. »
Logistica fuori dall’acqua
AP: «Il team dei safeties comunque è supportato da altre figure durante la gara…»
FC: «A sorvegliare ogni prestazione anche un’equipe medica specializzata (che interviene in tutti quei casi in cui la rianimazione operata dai safeties in acqua non risulti sufficiente) e il personale di piattaforma, che monitora il sonar (che localizza l’atleta in profondità) e le immagini che provengono da drone subacqueo (che fornisce immagini video in tempo reale durante tutto il tuffo). Molto importante anche il sistema di contrappeso, che serve a riportare l’atleta in superficie nel caso di problematiche che si verifichino fuori dalle profondità operative dei safeties (oltre i 40m).»
Aspetti mentali ed emotivi del Safety
AP: «Cosa puoi dirci sugli aspetti mentali ed emotivi di questo ruolo?».
FC: “Questo è un aspetto estremamente affascinante: Ho trovato inaspettate assonanze con professionisti che lavorano in campi completamente diversi dal nostro, ma che hanno in comune alti livelli di stress e di rischio. In base alla mia esperienza, per lavorare come Safety ad alto livello è necessario un tipo di concentrazione molto particolare, un sottile equilibrio tra lo stato di allerta e quello di rilassamento.
È necessario avere occhi ovunque, dentro e fuori dall’acqua, per identificare e gestire tempestivamente le situazioni di pericolo, ma sostenere uno stato di iper-allerta per tutto il tempo necessario sarebbe quasi impossibile e molto faticoso (è quello che ho provato all’inizio del mio primo campionato mondiale). Dobbiamo anche ricordare che siamo anche in apnea! Come sappiamo, è necessario rilassarsi per immergersi in profondità e sott’acqua dobbiamo cercare di risparmiare il più possibile le energie, sia per gestire i lunghi turni in acqua sia per essere nelle migliori condizioni possibili in caso di intervento.
Il cervello finisce per filtrare tutti gli stimoli superflui e personalmente mi trovo in uno stato di “rilassamento vigile”, con un’attenzione un po’ sfocata e distribuita, dove le cose davvero importanti spiccano un po’ come fari nella nebbia. Si tratta di un equilibrio molto particolare, non facile da mantenere dopo tante ore in acqua, soprattutto nelle sessioni in cui il lavoro diventa ripetitivo.
È fondamentale dare una mano ai compagni per rimanere sempre lucidi e in palla. Molto importante è anche tenere sotto controllo le emozioni prima di un’immersione importante o dopo un intervento impegnativo. Durante gli interventi siamo quasi dei robot, precisi e distaccati, ma quando l’intervento è finito o lo si rivede in video, a volte arriva il contraccolpo emotivo. In squadra condividiamo esperienze a volte molto intense, ed è anche per questo che si formano legami molto forti tra di noi”.
Uno sport per temerari?
AP: « Nulla può essere lasciato al caso, quindi. »
FC: “Assolutamente no. La difficoltà del nostro lavoro e l’impressionante organizzazione del team di sicurezza riflettono l’importanza cruciale della sicurezza nel nostro sport, non solo a livello agonistico. Spesso dipinto come uno sport estremo e per temerari, l’apnea può in realtà essere uno sport estremamente sicuro, a patto che si abbiano le conoscenze adeguate e si prendano le dovute precauzioni per ogni contesto operativo, che si tratti di un’immersione ricreativa, di una battuta di pesca o di un record mondiale.
Purtroppo, molti degli incidenti che leggiamo sui giornali e che contribuiscono alla cattiva reputazione del nostro sport sarebbero facilmente evitabili conoscendo e rispettando poche e semplici regole, troppo spesso ignorate. Quanti pescatori pescano davvero in coppia e a turno? La sicurezza è un aspetto fondamentale per il nostro sport, ma anche se è sulla bocca di tutti, credo che ci sia ancora molto lavoro da fare a livello di comunità di apneisti.”
Bio
Francesco Corucci, classe 1988, Pisano di nascita e Livornese di adozione. Un passato da ingegnere e ricercatore universitario, ha messo da parte la carriera tecnica ed accademica nel 2022 per dedicarsi alla sua scuola di apnea, Deep Instinct Freediving, che ha base a Livorno. È istruttore di apnea e di primo soccorso, formatore di istruttori e safety freediver professionale. Membro delle commissioni safety ed education di AIDA International, in questo mondiale ha ricoperto il ruolo di safety team leader. Dal 2021 ad oggi ha partecipato a tutte le maggiori competizioni internazionali (campionati del mondo, Vertical Blue). Francesco organizza corsi di apnea e allenamenti per tutti i livelli, a Livorno e ad Y-40. Tra questi, anche corsi professionalizzanti per ricoprire il ruolo di safety diver. Per ulteriori info: apnealivorno.it