(testi di Bernat Castell Pallicer)

Rosa Gonzales Beuchat Team
Rosa Gonzales qualche anno fa
Rosa Gonzales
Rosa Gonzales Beuchat Team

Diversi anni fa fui colpito da una foto su una rivista alla quale i lettori inviavano le foto delle loro catture in cui appariva una bambina con una leccia quasi più grande di lei. Chi mi avrebbe detto che l’avrei incontrata personalmente durante il campionato femminile spagnolo 2016 tenutosi a Maiorca, e ancor di più che ci saremmo incontrati nella squadra nazionale? Conosciamo un po’ di più questa grande pescatrice naturale di Sagunto (Valencia).

Bernat Castell: Hai iniziato presto in questo sport. Da dove viene questa passione?

Rosa González: Immagino come in qualsiasi sport. Fin da piccolo stabilisci un legame con ciò che ti circonda e nel mio caso era il mare. Mi piaceva catturare le telline sulla spiaggia e vivere vicino al mare. Mi piaceva osservare la vita che si scovava nelle dighe frangiflutti. Ai miei tempi era usuale che i genitori ti comprassero il trindete, maschera e boccaglio.
Un giorno, giocando con mio fratello e i suoi amici sul molo, ho chiesto loro di regalarmi il tridente e la maschera. Istintivamente, ho visto un polpo nascosto in fondo, dove finisce la pietra e inizia la sabbia. Eccitata, non ci ho nemmeno pensato, e il polpo lo ho catturato e portato a casa.
È stato allora che ho chiesto ai miei genitori di comprarmi un tridente. Stiamo parlando di quando avevo 14 anni, credo di ricordare. Ho passato le estati in immersione, osservando, imparando, cacciando. Allora c’erano i polpi anche d’estate. Ho imparato a distinguere la loro silhouette. Ho rotto molti tridenti, finché mio padre non me ne ha fatto compare uno di ferro. Ero l’adolescente più felice del mondo con il mio super tridente, ruvido, pesante e indistruttibile. Lo conservo ancora.
Nella mia famiglia c’era la pesca e la caccia occasionali, ma non la pesca in apnea.
Ricordo di aver camminato sui frangiflutti alla ricerca di polpi e mia madre che mi accompagnava. Da quel momento in poi sono stata rapita dalla felicità di mia madre quando ha visto che mi divertivo così tanto e allo stesso tempo portava i polpi a casa.
A 16 anni ho ottenuto la licenza di pesca in apnea, mi hanno equipaggiato con la mia prima muta, pinne, arbalete e una cintura dei piombi fatta in casa (ahahah!). Ancora oggi, i pesi che indosso vengono riciclati da quella prima cintura.
Come aneddoto racconterò com’è stato il giorno in cui ho rilasciato la mia attrezzatura da pesca subacquea. Una tipica giornata in famiglia, tutti a Grao (una zona della mia città) per trascorrere la giornata in spiaggia e io a vestirmi con l’attrezzatura da pesca. Quando dico tutti, non intendo solo i miei genitori, ma i miei zii e cugini. L’acqua non era molto pulita. Non sapendo dove andare, mio padre mi ha detto: vai dritto ci sono delle pietre lì. Non si vedeva niente ed è lì che sono andata. Continuavo ad entrare cercando di trovare quelle rocce e all’improvviso, non so quanto lontano dalla riva, un branco di lecce mi ha letteralmente travolta. Non ci ho nemmeno pensato, non so se ho mirato o sparato d’istinto. E all’improvviso, quel tiro fortissimo. È stata una lotta breve ma intensa. La leccia colpita mi tirava giù mentre io tiravo su. Senza esperienza, puoi immaginare la sensazione che mi ha invaso. Ho abbracciato la leccia e con il mio grosso coltello l’ho finita. Non l’ho lasciata andare finché non ho raggiunto la spiaggia esausta. Fu allora che mia madre disse a mio padre: vedi che la ragazza ha preso un pesce. Solo la testa era visibile. Ricorderò sempre la frase di mio padre quando mi ha aiutato a tirare su la leccia: tuuu, bobina. Avevo usato un arbalete da 75 senza mulinello!Come potevo a questo punto non appassionarmi a questo sport?

BC: Qual è la tua zona di pesca abituale e che tipo di pesca pratichi abitualmente?
RG: Di solito esco spesso sui frangiflutti della mia città. Anche se ogni volta che posso, mi piace andare in zone più belle, soprattutto verso Alicante, poiché è un posto più naturale.
Il mio tipo di pesca è soprattutto all’agguato. Di solito non pesco in tana poiché la mia zona non ha fondali con grandi tane. Durante la pescata pratico comunque diverse tecniche, soprattutto aspetti, ma di tanto in tanto, se vedo che non c’è movimento, guardo fra i massi.
Dato che la maggior parte delle mie uscite sono a nuoto da riva, devo dividere il mio tempo con la testa. Nuoto verso le zone più promettenti, quindi per strada mi riservo le energie e attendo il punto più propizio. Per strada vado come un predatore, avanzando e seguendo il mio istinto, faccio discese specifiche quando qualcosa dentro di me me lo dice. Osservo i pesci, analizzo come è l’ambiente, le possibilità di un tipo di pesca o di un altro.
Devo dire che, anche se molti pensano che la mia zona sia ricca di pesce, non è così. Trascorro molte ore al giorno per tirare fuori qualcosa.

BC: Puoi darci qualche consiglio o piccolo trucco di pesca?
RG: Ci sono diversi fattori che prendo in considerazione. Guardo le previsioni del tempo, l’aria, le onde, il moto ondoso, la frequenza dei pesci. Dedico ore alla giornata di pesca, perché non puoi uscire per un’ora e sperare di fare miracoli. Bisogna comprendere il comportamento dei pesci. Ti diranno se ci sono predatori nelle vicinanze. Anche se può sembrare assurdo, mi è servito spesso. Ci sono giorni in cui esco con aspettative e durante il viaggio vedo che non è così, quindi devo cambiare il mio stile di pesca.
Bisogna cambiare zona di pesca, anche se non conosci il luogo e pensi di non prendere nulla. Ci sono sempre delle sorprese, anche se la zona è molto frequentata. È chiaro che usciamo sempre con la voglia di una bella cattura, ma l’importante è divertirsi e non ossessionarsi. Quando si conosce molto una zona, ci si abitua e non si sperimentano altri tipi di situazioni che possono uscire dalla propria zona di comfort.
Bisogna imparare dagli errori, ascoltare i propri colleghi e applicare le tecniche più adatte a se stessi.
Ci sono molti colleghi che mi dicono sempre: joo, voglio pescare in profondità e resistere molto per catturare prede fantastiche. Fulanito e Menganito hanno molti anni di esperienza, utilizzando tecniche che hanno perfezionato. Sanno preparare il tuffo con la corretta respirazione, alcuni hanno il dono, come dico, e altri stanno migliorando poco a poco. Non avere fretta è importante per migliorare.
Non sono un pescatore in apnea che pesca fondo, né ho una grande apnea, ma ho imparato a conoscere quali sono i miei limiti. Un giorno posso scendere a 20 metri e fare un buon aspetto e altri giorni non mi sento a mio agio e ho la testa per dirmi: pesca meno fondo che oggi non è giornata.
E non dimentichiamoci, bisogna fare un corso di apnea, è importante saper respirare e conoscere il nostro corpo e i nostri limiti.

BC: Quale materiale usi?
RG: Per fortuna ho un ottimo sponsor che mi sostiene e fornisce buon materiale.
Anche prima che Beuchat mi sponsorizzasse, stavo già usando quel materiale.
Pesco con un arbalete 90 a testata chiusa. Mi trovo alla perfezione ed è difficile per me adattarmi ad altri modelli. Anche se con me porto sempre un 75 e, a seconda di quello che voglio pescare, un 60 o un 110. Negli anni, e grazie al fatto di spostarmi in acque meno torbide, ho utilizzato arbalete più lunghi.
Dato che ci dedico molte ore, è pratico per me portare una plancetta dove posso mettere materiale, anche elastici di ricambio per il mio arbalete Beuchat Marlin Evil 90, acqua e qualcosa da mangiare. E se le cose si mettono male, la plancetta è utile per uscire dall’acqua. È come una mini barca, anche se il motore sono le mie gambe hahaha.
Ho due tipi di pinne, le Beuchat Elite Mundial per perscare fra i frangiflutti e le Beuchat Elite Carbon per quando vado a fare tuffi più profondi.
Come muta uso diversi modelli a seconda del periodo dell’anno. Ovviamente in inverno una Beuchat Elite, con giacca da 7 mm e pantaloni da 5 mm. Quando è più caldo utilizzo una Beuchat Redrock o Trigocamo da 5 mm. E per l’estate 3 mm. All’inizio ero un po’ riluttante ad utilizzare il liscio spaccato perchè pensavo che lo avrei rotto, ma puoi ho visto la differenza quando l’acqua è fredda.

BC: Passando a livello agonistico … Hai vinto la Nazionale femminile nel 2016 e da allora sei sempre stata tra le favorite, passando anche per la Nazionale … Non è questione di fortuna, che lavoro c’è dietro?!
RG: All’inizio non avevo idea di cosa fare per vincere o essere tra i primi. Ho iniziato a partecipare senza grandi aspettative, ma non vedo l’ora di conoscere nuovi luoghi, nuove specie e condividere esperienze con altri colleghi. Non sono particolarmente competitiva.
Essere rilassati è un fattore molto importante, anche se è difficile e non sempre si ottiene finché non si effettua la prima cattura e si pensa: almeno farò qualche punto.
Ma negli anni ho imparato che è molto importante dedicare tempo per riconoscere la zona. Bisogna gestire bene le diverse tecniche di pesca (agguato, aspettò, pesca in atana…), avere una barca e un ecoscandaglio (che per ora non ho).
Molto prima di andare in gara mi dedico alla ricerca di informazioni. Video di pesca in quella zona, mappe dove si possono vedere i rilievi cercando di trovare roccia, consultare i colleghi sulle migliori tecniche.
Ti dirò onestamente che la stessa cosa accade sempre, o almeno accade a me. Chiedete ai colleghi e nessuno dice niente, finché la gara non finisce e molti iniziano a dire che conoscono molti posti. Capisco che molte volte nessuno ti dice niente perchè è costato loro molto lavoro per scovare i segnali giusti, hanno speso tempo e denaro per ispezionare l’area. I contatti sono comunque molto importanti, anche avere dei segnali in anticipo rende tutto molto più facile.
Ho dovuto lavorare sodo per arrivare dove sono arrivata, con le mie capacità, con le mie esperienze, con la mia perseveranza. Devo dire che non è la stessa cosa ispezionare l’area senza arbalete così da vedere tanta vita, che il giorno della competizione. Tutto cambia. O c’è già qualcuno in quella zona o c’è molto movimento di barche, oppure le correnti sono cambiate … Ci sono tanti fattori a cui bisogna essere abituati per fare un buon lavoro.
È chiaro che se sei un buon esperto di profondità e vai dove gli altri non riescono avrai più possibilità.
D’altra parte, le gare femminili non sono ancora a livello maschile. È successo che ho dovuto in alcuni casi ispezionare la zona a nuoto, perché economicamente non mi sono potuta permettere una barca, e avere la barca solo il giorno del campionato. CHiaramente tutto cambia. Ho imparato che non posso nemmeno fidarmi di un’area che mi è stata consigliata. Onestamente, mi fido di più del mio istinto.
Per esempio. Nella Nacional de Cádiz, che erano 2 giorni di pesca nella stessa area degli uomini, ho condiviso le spese e la barca con la mia compagna Prat per ispezionare le aree. Il primo giorno, come previsto, i punti segnati che avevo erano già occupati, ma non mi sono arresa e mi sono detta: è così, dovrai combattere. Il secondo giorno ho deciso di cambiare strategia e mi sono fidata del mio barcaiolo della zona. Mi sono detta: hai guardato la zona, ovunque andrai ci sarà qualcuno, sai pescare e adattarti, fidati del tuo barcaiolo. E alla fine il risultato è stato molto positivo per me.
Ogni competizione è stata diversa e da ognuna di esse ho raccolto esperienze sulle quali lavorare. Oggi sto ancora imparando. Bisogna ascoltare, tacere e applicarsi al massimo.
Ti dirò anche che tutto quello che ho imparato in questi anni l’ho messo in pratica nell’euro-africano della Danimarca. Per me è stato una delle migliori prestazioni che ho fatto… beh, che ha fatto tutto il team. Abbiamo guardato attentamente la zona, studiato il clima e il comportamento dei pesci, totalmente diverso da quello che conoscevamo. E anche se, in particolare, sono tornata con l’amaro in bocca a causa del tremendo incidente avvenuto e perché il nostro grande lavoro non si è potuto concretizzare, fino ad oggi sono ancora molto orgoglioso di come abbiamo combattuto.

BC: Come vedi il futuro delle competizioni femminili? Ti vedi in quel futuro, hai fissato degli obiettivi?
RG: Onestamente, non so cosa succederà domani.
Sì, c’è stata una crescita nella partecipazione delle donne ai campionati, almeno a quelli nazionali. So che molte federazioni hanno incorporato concorsi per donne con l’intenzione di aprire più porte e offrirci l’opportunità di partecipare.
Personalmente, penso che sia ancora presto per fare campionati esclusivi per noi, non parlo di quelli nazionali. Preferisco che le federazioni continuino con i loro campionati e semplicemente ci facciano partecipare con i ragazzi. Per me è un grande sforzo andare a una competizione in cui siamo solo 3 ragazze. Personalmente, vincere o essere sul podio non è soddisfacente per me se si è così poche. Onestamente, anche se non ottengo un podio, è più gratificante competere con i ragazzi e magari, batterne qualcuno!
Qualche tempo fa ho pensato di smettere di gareggiare. Come ho detto, economicamente è un grande sforzo per me. Con tutto ciò che sta accadendo oggi, la verità è che sono soddisfatta di poter semplicemente continuare a pescare.
Ma mi piacerebbe, quando tutto tornerà alla normalità, che ci siano più donne che partecipano a questo sport, che per me è una grande passione.
Quando invece ho fatto parte della squadra femminile, a livello federativo, ho partecipato felicissima e con grande entusiasmo per poter dare il massimo. Aiuta molto quando la federazione ti da questo tipo di opportunità. In altre occasioni ho avuto l’aiuto del mio sponsor Beuchat.

BC: Infine, che consiglio daresti a ragazze e ragazzi che stanno iniziando questo sport?
RG: Di non avere fretta, seguire un corso di apnea o cercare qualcuno che conosca bene questo sport e possa aiutarti. Può essere utile entrare a far parte di in un club, dove troveremo tutto: colleghi disposti ad aiutare e informazioni. Ascolta, taci e applicati.
Non fare come me, cerca di uscire accompagnato nelle tue prime battute di pesca, e se può pescare con un partner che è al tuo stesso livello o qualcuno che è disposto a insegnarti meglio.
Anche se fa male dirlo, non tutti quelli che sanno pescare sanno anche insegnare. Molti danno consigli sbagliati, che siccome è facile per loro scendere fondo, lo fanno fare anche ai novizi, cosa sbagliatissima. Anche se il tuo partner scende fondo e sembra facile, non lo è.
Ho sentito molti casi di principianti che per voler pescare fondo troppo presto non sono più tra noi. E non lo dico per spaventare, lo dico perché è la realtà. Cercate sempre di essere ben segnalati in mare, anche quando nuotate vicino a un semplice frangiflutti, perché mi è già capitato di incrociare altri pescasub in acque torbide e di spaventarmi.
Sappiamo tutti che questo è uno sport che ha i suoi rischi. Usate la testa, imparate a poco a poco. C’è chi ha un talento particolare ed avrà prestazioni difficili da raggiungere per altri. Sperimenta le cose da te, perché qualcuno ti potrà dire che un certo modo è quello migliore, ma in realtà ognuno deve trovare la propria tecnica.
Informa sempre qualcuno su dove ti immergerai. In oltre, non lasciare che nessuno porti via la tua illusione o sottovaluti le tue prime catture. Abbiamo tutti i nostri inizi e quell’orata da 500 grammi che prendi oggi sarà un ricordo domani. Ma, d’altro canto, non sparare a tutto ciò che ti passa dvanti!

Risultati di Rosa Gonzales

Internazionali
2019 Euro-Africano in Danimarca: 1° per nazioni e 6° individuale
2018 Mondiale a Sagres-Portogallo: 3° per nazioni e 5° individuale
Nazionali
2016 1° a Maiorca
2017 4 ° a la Coruna
2018 4 ° a Tenerife
2019 3 ° a Cadice