(Di Massimo De Pascalis)
La noia è grande fonte di riflessioni e costretti nella prigionia della quarantena dovuta a questa maledetta nuova forma di Coronavirus, mi sono venute in mente delle modifiche che avevo intenzione di fare sui miei arbalete e che il lavoro non mi aveva permesso di mettere in atto.
Devo precisare comunque tre concetti base riguardo il mio pensiero su tutti i generi di arbalete; 1) non esiste quello perfetto, ma il più adatto alla propria tecnica; 2) nella scelta del proprio arbalete si dovrà sempre sacrificare delle prestazioni per esaltarne altre; 3) l’arbalete polifunzionale dovrà necessariamente ridurre tutte le proprie prestazioni.
Partendo dal presupposto che la mia tecnica è essenzialmente di agguatista, quindi un perlustratore che osserva ed improvvisa la tecnica in base della situazione, ho fondamentalmente necessità di un arbalete versatile che sia capace di rimanere su delle caratteristiche che in base al tipo di elastici possa avvicinarsi nel limite del possibile ai concetti n1 e n3. Quindi fino ad ora mi sono impegnato su linee filanti per esaltare la brandeggiabilità e un sistema di elastici mediamente reattivo con classico doppio elastico da 14,5 mm di buona qualità.
Questo tipo di soluzione purtroppo ha i classici limiti legati al concetto n2 e conferma nel tiro a braccio teso una precisione millimetrica, mentre a braccio flesso un leggero tiro alto.
Nella disperata ricerca di far qualcosa, costretto da una forzata prigionia domiciliare, ricordo di aver messo nell’angolo nascosto del ripostiglio un vecchio asse multilamellare di frassino, che avevo incollato con della cara vecchia Colla Rossa, l’unica colla storica riconosciuta dai vecchi maestri di carpenteria navale sostituita poi da altre epossidiche.
Il frassino ha delle straordinarie caratteristiche meccaniche, ma nel caso si debba utilizzare per costruire degli arbalete ha un elevato peso specifico, tra l’altro estremamente differente tra partite e luoghi di provenienza (il peso specifico essiccato può variare tra i 0,57 kg al 1 kg al dm3). Prendendo le misure dell’asse e sviluppandolo in termini di peso specifico il mio pezzo di frassino è risultato il più pesante, 1 kg per dm3.
Queste caratteristiche forse un po’ eccessive avrebbero sicuramente influito positivamente nel migliorare il tiro a braccio flesso: avrei avuto un arbalete di peso maggiore che grazie alla sua massa avrebbe reso il rinculo meno evidente.
Il suo notevole peso mi ha reso necessario sviluppare il progetto su calcoli estremamente minuziosi per fare in modo che la sua forma riducesse il volume del Maori al minimo, pur rimanendo però neutro in mare. Per raggiungere lo scopo ho dovuto utilizzare tutti componenti assai leggeri come lo scatto Reverse della Sigalsub, il mulinello LG in polimero e l’asta da 6,5 mm.
Una volta finiti i lavori del fusto ho montato tutti i componenti come fosse stato pronto all’uso, facendo una prova in vasca. Tutto perfetto tranne l’impugnatura che lasciando l’arma la capovolgeva, ed è un difetto che detesto, ma considerando il peso del frassino era assolutamente prevedibile. Per ora è così, per il prossimo cercherò una partita più leggera.
Durante la rifinitura ho notato dei particolari estetici bellissimi come la colorazione rossa dell’incollaggio e le venature tipiche di un legno vissuto, e anche lì con la paura di tornare alla noia più totale mi è venuto l’istinto di aerografare l’arbalete facendolo diventare un vero Maori. Ho cercato nel mio cassetto delle meraviglie i negativi e sono così passato all’opera aggiungendo, tagliando e riadattando tutto il disegno con lo SKWALO martello centrale.
Una volta terminata la fase di montaggio, rimaneva solo da decidere come perfezionare l’arbalete con elastici e asta ad hoc. Come prima opzione ho deciso di usare dei Reactive Sigalsub da 14,5 mm tirati al 380%, che sostituirò più avanti con quelli da 16 mm e un’asta filante, che mi permetta il massimo della gittata con pochi attriti e che al 90% mettesse in sagola il pesce. Quale asta migliore della Sigalsub Ghost? La lunga aletta della Ghost mi potrebbe creare molti problemi in tana perché non si retrae per via della molla, ma nel mio caso in questi periodi i tiri sono tutti al libero e molto spesso d’imbracciata a braccio flesso.
Ora non c’è altro da fare che aspettare il 4 di maggio (speriamo!) per tentare qualche bella cattura, e lì sarà la prova del 9.
Massimo De Pascalis e MGMSub
Romano, anno ‘62, la passione per la pesca in apnea di Massimo De Pascalis viene stimolata dal padre Carlo, che lo svezza alle diverse tecniche. Frequenta Circeo ed isole Pontine, ma anche Grecia, Corsica, Sardegna e Sicilia. A Roma si diploma come odontotecnico, e dopo qualche anno apre un laboratorio dove si specializza in restauri dentali e dispositivi gnatologici per il recupero di disfunsioni temporo mandibolari. Nel 1996 si trasferisce a Chieti, dove il rapporto con la pesca in apnea subisce un profondo cambiamento, visto che Massimo si deve adattare alla nuova condizione delle acque perennemente torbide di quella costa dell’Adriatico. Nel 2004 decide di ufficializzare l’attività di progettazione e realizzazione di arbalete in legno, creando la MGMsub. Tra i suoi arbalete, presentati già anche su AP, il più conosciuto è il CH90, anche noto con il nomignolo di Muletto.
Base e punti di forza degli arbalete MGMsub sono l’elevata brandeggiabilità, la leggerezza e la maneggevolezza dell’impugnatura, il cui angolo con la canna, la realizzazione su misura per la mano di ogni pescatore e il profilo anatomico non estremizzato, permettono di scoccare il colpo nelle posizioni più disparate.