(di Gabriele Delbene – Foto Alberto Balbi)

Il Sarago

Alla domanda su quale sia la preda più comune tra tutti i pescatori in apnea del Mar Mediterraneo è molto facile rispondere: è il sarago maggiore, anche conosciuto con il nome latino di Diplodus Sargus. Rientra nella categoria delle prede talmente comuni che tentare la sua cattura è un perfetto allenamento, la palestra perfetta. Prede anch’esse molto comuni come la salpa ed il cefalo ci fanno imparare a gestire la tecnica di movimento e di approccio al pesce in acqua libera. La pesca al sarago ci fa da ottima palestra sia per la pesca in acqua libera che per la pesca in tana.

Diplodus Sargus

L’habitat ideale del Sarago

Possiamo analizzare l’habitat ideale per il sarago prendendo in considerazione soprattutto la variabile meteo marina.

Condizioni meteo marine stabili – Alta pressione

In condizioni stabili, con il mare calmo e l’alta pressione atmosferica, la situazione induce il sarago a trovare un riparo, uno spacco, una tana, ed a rimanervi tranquilli aggirandosi e cibandosi nei dintorni finchè la condizione permane. Le caratteristiche della tana da sarago possono essere molto differenti. Una caratteristica comune deve essere una relativa vicinanza con zone di sabbia o ghiaia pulita.

La lastra nell’alga

Spesso il sarago sceglie come tana “maestra” una lastra particolare. Su un fondale misto, ma con prevalenza di alga e chiazze sabbiose con poca roccia, troveremo i saraghi concentrati dove la roccia si intensifica creando dei piccoli accatastamenti rocciosi che creano delle fessure per lo più orizzontali.

Roccia e posidonia

La tana migliore, la più adatta, dove potremo scovare rintanati nel buio anche molti grossi saragoni avrà il tetto molto basso, a volte poco più alto della schiena di un sarago da chilo. Avrà una camera o più camere, una delle quali completamente al buio e nascosta. Di solito sono rocce più lunghe e regolari, con una forma vagamente rettangolare ad avere queste caratteristiche. Hanno dimensioni minime nel loro lato maggiore di almeno 2\3 metri.

La lastra nella “strada romana”

Per “strada romana” si intende quella struttura rocciosa che anticamente era un litorale sabbioso o fangoso e che con le compressioni ed i fenomeni geologici avvenuti nel tempo si è compattata in solida roccia. Le strade romane corrono di solito parallelamente alle spiaggie e possono essere lunghe anche delle miglia. Si possono trovare a tutte le profondità che interessano il pescatore. La loro conformazione compatta a volte crea un fenomeno di erosione che le scava sotto e poi le fa crollare le une attaccate alle altre quasi a comporre la classica forma della strada pavimentata dagli antichi romani. Su una strada romana di un chilometro potrebbero esserci solo poche lastre scavate nella maniera che il sarago predilige. Non è facile individuarle poichè da sopra sembrano tutte piuttosto simili. Ad un occhio esperto non sfuggirà una piccola serie di segnali che ne potrebbe scoprire l’ubicazione senza doversi impegnare in un faticoso sali scendi continuo ed indifferenziato. La sabbia nei dintorni di una tana frequentata avrà un colore più brillante, meno opaco e fangoso per il continuo movimento degli animali che non permetterà il depositarsi dei sedimenti più sottili. Le spaccature nei dintorni saranno più nette e verticali con poco spazio tra loro. Le tane migliori saranno nelle lastre più lunghe, occupandone magari solo pochi metri. Un certo movimento di occhiate, castagnole o piccoli saraghi fasciati potrebbe indicarne l’accesso.

Il fungo di grotto

Il grotto è il caratteristico fondale coralligeno. Si tratta di un tipo di concrezione detritica su substrato duro costituita da svariati tipi di organismi animali e vegetali (alghe calcaree) che hanno la particolarità di fissare il carbonato di calcio. Sulla roccia le concrezioni formano con il tempo il caratteristico “cervello” che rende facile il suo riconoscimento. Di solito le distese di grotto sono monotone, hanno una conformazione che sembra tutta uguale e sono tipiche di quelle zone dove il fondale degrada dolcemente verso il largo. I cigli formati dal grotto hanno un’altezza contenuta e sono intervallati da sabbia o alga oppure un misto delle due.

Grotto

All’interno di queste distese monotone possono trovarsi le cosiddette “fungaie”. Le fungaie sono tratti di fondale con isole di grotto alto e fessurato che essendo ricche di anfratti e pertugi, ospitano molto più facilmente i saraghi. I funghi migliori si riconoscono perchè sono molto frastagliati, a volte con spacchi che li attraversano in più direzioni. Il sarago può essere anche molto numeroso all’interno di un singolo fungo particolare ed una volta trovata una di queste situazioni, sarà importantissimo segnare il punto con le mire a terra o con qualche strumentazione capace di rilevare latitudine e longitudine.

Lo spacco nel granito

Pescasub controlla uno spacco nel granito

Sulle secche un po’ più spesso potremo trovare il classico spaccone liscio e verticale, ma anche con altre inclinazioni. Perchè possa essere scelto dal sarago dovrà poter creare ombra al suo interno, dovrà essere non più largo di una ventina di centimetri e profondo almeno un metro. La sua altezza in verticale può variare. Mi è capitato una volta di trovarne uno che cominciava a 5 m di profondità ed arrivava circa a 15 m: era completamente pieno.

Il massone di granito

Gabriele Delbene fra le rocce granitiche

Per quanto riguarda il classico masso di granito, vale un pò lo stesso discorso della strada romana, nel senso che dovremo cogliere la presenza da alcuni segnali traccianti. Forse, rispetto alla strada romana che è uniformemente piatta, riusciremo meglio ad accorgerci della presenza dei saraghi che girano tra i massi fino a segnalarci una potenziale tana dove la loro presenza è più nutrita.

La franata

La franata classica è formata da una miriade di massi accatastati alla cui base i saraghi in piccoli drappelli stazionano dove i massi di solito sono più grandi ed offrono molteplici anfratti e cunicoli più numerosi e profondi.

Pescasub su una franata

Condizioni meteo marine instabili – bassa pressione

Se la pressione si abbassa creando instabilità, generando correnti e venti che possono anche alterare il moto ondoso, i saraghi avvertono il cambiamento e incominciano a muoversi per andare a cercare il nutrimento dove la situazione gli suggerisce. E’ noto, soprattutto in ambito agonistico, il caso classico della lastra “perfetta”piena zeppa di sparidi che dopo due o tre giorni di visite, al primo cambio di direzione del vento si trova completamente disabitata.

Il movimento mimetico

Quando la situazione è meteorologicamente instabile i saraghi incominciano ad abbandonare le tane ed a cercare nutrimento vagando. E’ il momento di cercarli in acqua libera. Ovviamente si è già scritto moltissimo su la pesca del sarago in acqua libera e le cose più interessanti sono state dette dallo specialista dell’agguato e filosofo della pesca Giorgio Dapiran.

La tecnica dell’aspetto puro può essere una soluzione, ma solo all’interno di un comportamento che ci consenta di avvistare ed avvicinare un sarago anche da lunga distanza. Il comportamento che potrà portarci a tiro utile, quello che si è visto più efficace ed applicato da moltissimi specialisti, è quello dell’agguato. L’agguato è tecnica che si basa sulla teoria del movimento usato come mimetismo. In pratica, già dalla superficie dovremo mettere in atto una serie di accortezze che ci facciano percepire come non aggressivi nel movimento.

Movimento mimetico

Quindi zavorra giusta al mezzo chilo che ci consenta di essere negativi alla quota dove si svolgerà l’azione, ma non troppo. Dovremo prevedere di pinneggiare poco per avanzare, magari usando nelle fasi finali il braccio libero. Per avanzamenti strategici su di una parete ad esempio, useremo l’ambiente per occultare la nostra presenza, mentre cercheremo di individuare la nostra preda mentre si ciba o vaga blandamente nei dintorni di un possibile rifugio. Usare l’ambiente significa mimetizzarci sia a livello visivo che sonoro. Sappiamo che la linea laterare dei pesci è sensibilissima e potremo ingannarla un pò sfruttando anche lo stesso lieve sciabordio dell’onda dove occulteremo meglio la nostra presenza nelle irregolarità della parete.

Che sia stata o meno individuata la presenza del pesce, dovremo organizzare un percorso virtuoso con una prima tappa strategica. La tappa dovrà essere raggiunta ad una velocità di avanzamento che sia tale da non spaventare la minutaglia sempre presente negli ambienti rocciosi. Lo sfruttamento armonico degli ostacoli che si trovano sul nostro percorso virtuoso, con movimenti acquatici, lenti e molto calcolati, sarà alla base della costruzione dell’occasione di cattura. La distanza dall’ostacolo deve essere tale da quasi strusciarvici la spalla contro. Stessa cosa dicasi della distanza tra la nostra pancia e terra, avendo cura che le spalle siano sempre più in alto delle anche, per evitare l’innalzamento delle gambe a bandiera che farebbero fuggire il pinnuto da lontano. A seconda di come si presentano le situazioni, il tiro finale avverrà d’imbracciata per un pesce sorpreso a mangiare dietro o sotto un ostacolo, oppure molto più ragionato e calcolato nell’avvicinamento del pesce incuriosito all’aspetto.

La pesca in tana

Anche nella pesca in tana i principi del movimento mimetico ci aiutano per un’azione efficace. Avvicinarsi con attenzione e con il fucile già pronto al tiro ci consentirà di prelevare gli esemplari più curiosi e vicini alle imboccature delle tane. Il sarago ha la particolarità di incunearsi anche di taglio nei meandri più irraggiungibili, quindi spesso tornerà utile ed indicata una fiocina a quattro punte, stretta e leggera ma di sicura presa ed di difficile incagliamento.

Movimento mimetico e utilizzo della fiocina

L’osservazione della tana a testa in giù sarà utilissima per scrutare anche il più piccolo dei pertugi dove spesso troveremo il sarago più elusivo.

Tecnica a testa in giù

L’uso della torcia il più tardi possibile e solo come ultima arma, dato che il sarago ha imparato ad associare il pericolo con la luce, o dopo un tiro, usando a lungo la lampada nella tana, spesso si osserva l’uscita dei pesci anche dalle cosiddette camere maestre.

Pescasub con torcia nella pesca in tana

Gabriele Delbene

Gabriele Delbene, anno ’66, è un grande Campione di pesca in apnea, che ha raggiunto importanti risultati nelle competizioni internazionali. Gabriele è anche laureato in Scienze dell’Osteopatia e scienze motorie e ideatore della manovra globale di risalita.

Delbene con due splendidi dentici e la felpa dei campioni

Principali titoli di pesca in apnea

Medaglia di bronzo al Campionato del mondo per Club 2018, Biserta, Tunisia

Vicecampione del Mondo e d’Europa a squadre

Vincitore di 5 Trofei Internazionali

World Record Abyssal Spearfishing (- 62,5 metri)

Stage con Gabriele Delbene

Gabriele oggi organizza approfonditi stage di pesca in apnea, che ci racconta così: “La pesca in apnea come ogni altra attività umana può essere insegnata. L’esperienza di uno stage intensivo è impegnativa ma altamente formativa. Lo stage è rivolto ad un massimo di 4 persone e per questo motivo è pensata per individuare e risolvere le problematiche tecniche individuali. Focus importanti sono ricolti al respiro del pescatore, che ha esigenze diverse dall’apneista puro, al fine di ottimizzare la performance mantenendo alto il livello di sicurezza. Tutto il lavoro è orientato alla pesca, quindi i test di ingresso, le azioni di pesca degli allievi, i video, commentati nel punto tecnico serale davanti ad un grande schermo tv, le lezioni contestualizzate sugli episodi o incontri con le prede della giornata, fanno tutti parte di un’esperienza che migliora molto velocemente le statistiche degli avvistamenti e quindi delle catture degli stagisti.”

Contatti:

email: gabriele.delbene@libero.it

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